venerdì 23 agosto 2019

LA STORIA DI ANGELA , ROMANZO DI EDMONDO MARRA


20 AGOSTO 1873 

https://www.amazon.it/dp/B07RN2N89C?fbclid=IwAR02NyOqGrRZGNMovpIpVebpEQuTyq3CYPYXKY3ubblPzUk52PfRHT2pWDc   Il banditore comunale si ferma sotto il tiglio e porta la trombetta alla bocca . Il suono è il segnale per i distratti passanti .Tutti , come d’abitudine volgono il capo verso quell’inserviente comunale così comico nei suoi calzoni alla zuava e con la coppola più grande della testa che sprofonda fino al naso rosso di vino e con quei baffi all’in su che sembra il barone di Munchhausen .Tutti aspettano che dopo il segnale incominci a gridare che è arrivato il pesce fresco in piazza o che il solito verniciatore di pentole di rame vuole dare la quantità dei giorni in cui si fermerà in paese nel solito sottano di via Freddano .

<< Sono finiti i briganti ! c’è stato il distruggimento del brigantaggio del crudelissimo suicida Manzi >> .

Le parole si perdono negli occhi degli astanti che si osservano quasi ad interrogarsi di aver capito bene. Poi un mormorio , un applauso sempre più forte , un’unica voce che grida nelle vie e per la case. Gente che esce dai vicoli e scende in piazza , musicanti che corrono a prendere gli strumenti come se fosse il giorno del Santo Patrono , ed è un ballare senza meta e senza sosta che coinvolge giovani e vecchi , notabili e popolani , donne e fanciulli . E’ la fine di un incubo che attanagliava il paese da ormai tre lustri e che negli ultimi sette otto anni era diventato una cappa sulla vita di tutti , con quei montellesi padroni del territorio che facevano rintanare tutti nelle case al loro apparire . Sono finiti i barbari ! viva la libertà ! queste le voci che si rincorrono , mentre il giovane Don Pasquale Sarno prende una bandiera tricolore ed incomincia a dirigersi verso il Freddano per un corteo liberatorio con la banda in testa. Lo seguono in centinaia tra canti e balli, come si è soliti fare a Carnevale .

Alessandro Picone , attratto dal frastuono si affaccia alla finestra della cucina e sgrana gli occhi vedendo quella moltitudine di persone avvicinarsi a casa sua e proseguire verso la Croce . Una processione festante in cui è difficile distinguere il sacro dal profano , un’atmosfera mai vista in quaranta anni di vita paesana . Si stropiccia gli occhi per capire se è un sogno o se è la realtà .

Arriva la figlia quattordicenne Teresa e gli spiega che tutti i briganti montellesi sono stati uccisi o catturati e che è tornata la libertà . Alessandro si fa il segno della croce , forse per festeggiare a modo suo l’evento , ma forse anche per un saluto ai tanti caduti in nome di eventi che strada facendo avevano perso l’obiettivo prefissosi trasformando un’aspirazione politica in una bagno di sangue , di orrori e di morte.

<< Tredici anni e quante sofferenze. Quanti volti dai lineamenti sfocati dalla spugna degli anni trascorsi , sacrificati sull’altare della vita e nel nome di un ideale che nessuno più ricorda. I Borbone scomparsi insieme con il Papa nelle grinfie di un Stato oppressore , che al posto delle terre ha portato nuove tasse ed una miseria sempre più nera che spinge i già poveri a vendersi tutto per pagarsi un viaggio di sola andata in America , maledicendo il paese e le case , le madri ed i padroni della piazza. >>.

Guarda nella penombra della sera il corteo che si snoda saltellando in modo abnorme e che scompare all’orizzonte nel suono di una marcia trionfale che gli riempie l’anima di pena , mentre vengono accese le luci da poco messe per le strade e ad ogni finestra viene acceso un lume come partecipazione e come liberazione da un brutto sogno che pareva non finire mai.

Non può non pensare a quelli che come suo fratello Luigi non hanno avuto la sua stessa fortuna e sono ancora al carcere duro dei lavori forzati dopo dieci anni . Li vede con quella catena al piede che gli procura ancora tanto dolore. E mentre lacrime fredde gli scorrono sulle guance vede davanti ai suoi occhi quel ribaldo di Pietrillo De Feo, mai domo e per questo condannato a venti anni suppletivi oltre i sedici comminatigli dal tribunale il 10 Marzo 1865 con il suo sogno spezzato di una vita con Concetta, della quale gli resta solo e sempre il ricordo di quelle ore precedenti al suo arresto e Giuseppe Nardiello,

zeza , scappato e persosi nelle Americhe per non scontare i quasi venti anni di carcere comminatigli . Meno male che quell’Alessandro Picone è ormai scomparso, preso come è dal tanto lavoro per mantenere una famiglia che cresce sempre di più , si ripete mentalmente quasi a volersi convincere che i tempi sono cambiati e che è meglio dedicarsi alle mucche e ai quattro figli che dovranno ripartire da zero per sopravvivere in questo paese arretrato e privo di sbocchi economici. Si allontana dalla finestra e cerca di rilassarsi osservando in silenzio la moglie Maria che sta preparando sul fuoco nel tegame di terracotta una bella zuppa di cocozza , patate e fagioli che è un invito a passare una serata senza pensieri con davanti una bella bottiglia di vino appena acquistata nella vicina cantina.

Fuori il corteo sempre più numeroso continua a marciare tra canti e balli ricevendo applausi e incoraggiamenti da tutte le porte e da tutte le finestre aperte ed illuminate.

Solo in qualche casa si chiude l’uscio come ad isolarsi da un momento collettivo che provoca rabbia e dolore mai sopito .

Alessandro Candela seduto sulla cassapanca di legno davanti al caminetto spento si stringe la testa tra le mani quasi ad allontanare quel frastuono che rimbomba nelle orecchie e offende la memoria del  fratello Ferdinando e dei tanti uccisi come animali sulle montagne di Volturara . Maledice il giorno in cui suo fratello era tornato come soldato sbandato ed aveva conosciuto Giuseppe Nardiello cadendo in un vortice senza uscita .Rivede ancora la scena di quando gli aveva infilato il coltello in pancia perché lasciasse in pace suo Ferdinando , ma non era servito a niente perché , appena costituitosi Giuseppe Nardiello , era arrivato quel maledetto di Cicco Ciancio , che lo aveva fatto diventare ancora più cattivo fino a quando lo avevano braccato e ammazzato come un animale selvatico .

Un periodo nero come la pece che aveva portato a morte uno appresso all’altro Giuseppe Marino il figlio di Cicco di Camilla  il 14 Ottobre di quello stesso maledetto anno , ucciso ed infossato sul Terminio come la carcassa di una vacca morta per caso , senza messa e senza preghiere e poi Raffaele Del Percio e Giuseppe De Feo e Luigi Volta e finalmente , come una liberazione aveva chiuso il cerchio il 21 Novembre 1866 l’uccisione di Cicco Ciancio , giornata indimenticabile che aveva vendicato la morte di tanti poveri giovani circuiti dalla cattiveria del montellese e dei suoi compari .

Nella casa affianco , Raffaele Picardo applaude alla gente che gioisce e gira la testa all’interno ad osservare il fratello Gaetano

<< Era meglio che morivi , quel giorno di dieci anni fa . Povero Gaetano feci tanto per farti costituire , ma ogni giorno mi fai maledire il mio gesto >>. Sembra parlargli , ma è solo un pensiero che rimbomba e resta nella sua mente

<< Gaetano Picardo, l’ultimo vero brigante di Volturara , è una larva umana , schiavo del vino e dei suoi tormenti . Il signore mi ha voluto punire ed io accetto questa croce in suo nome . E’ finita un’epoca stasera , ma i residui morali ed economici ce li porteremo per il resto dei nostri giorni >>.

La folla continua la sua marcia . Attraversa il Carmine , gira per la Cupa e sale alla Pozzella.

Achille De Cristofano esce in strada ed aiutato dai familiari offre bottiglie di vino a tutti , e tutti lo festeggiano con passi di tarantella cui risponde facendo finta di ballare. La Spezieria è tutta un’esplosione di gioia , con gente accalcata e festante. Poi lentamente la banda musicale intona l’inno nazionale e tra applausi e cori si dirige in Piazza.

Achille si ferma a guardarli mentre si allontanano e asciugandosi il sudore dalla fronte , resta con la mano tra i capelli perdendosi in mille considerazioni. Rivede davanti agli occhi il fratello Ferdinando , ormai morto da otto anni a 45 anni , lasciando la moglie con il piccolo Sebastiano in uno stato di totale disperazione. Rivede se stesso , idealista e ingenuo , caduto nella trappola di invidiosi e corrotti . Rimpiange quell’Achille di dieci , dodici anni prima , ma accetta mentalmente la situazione attuale di un uomo che si impegna nel lavoro , nella famiglia e nella politica paesana combattendo i soprusi e le cattiverie dei vari Vincenzo Luciani e compagni .

<< Incredibile ! sembra lo stesso corteo del 7 Aprile . Allora nacque la morte , oggi rinasce la vita ed in mezzo una dozzina di anni e di morti ammazzati. Si partì per difendere la Patria , oggi si balla contro quella Patria e sembrano tutti contenti.

Diventarono briganti per fame e per orgoglio , li ammazzarono come animali selvatici . Risero con i piedi sui loro petti e li malmenarono anche dopo morti. Li dissero feroci e sanguinari, ma li uccisero spietati e crudeli . Restano lacrime e disperazione in chi amava quei poveri giovani senza riserve e sapeva che il loro destino era nato senza colpa di scelte , ma per un gioco del fato che aveva trasformato in un attimo amici in nemici da combattere e nemici in alleati contro i loro vecchi amici , in un gioco perverso dove i fessi subiscono e pagano sulla loro pelle errori o scelte di altri >> Si fa il segno della croce e rientra in casa.

La piazza è piena di gente. La banda schierata sotto il tiglio centrale riprende a suonare marce militari e patriottiche , ripetute a squarciagola da una marea di gente , che non vuole smettere di gioire. Il palazzo Masucci è illuminato a festa e dal balcone del primo piano si affaccia Don Leonardo , sostenuto dai figli Achille ed Annibale . Una ovazione saluta il grande vecchio che non usciva dalla sua stanza ormai da mesi . Con le mani alzate i Masucci rispondono ai saluti , e restano ad osservare la festa con il popolo che balla al centro della piazza ed i vari notabili intorno ad osservare divertiti , come per dire ci sono anche io . Don Leonardo guarda i figli ed esclama

<< Ricordatevi ! voi siete nati per comandare , e per comandare questo paese ingestibile , è necessario che seguiate delle regole. La prima è che non dovete mai schierarvi per una fazione o per un’altra . Dovete mandare i vostri uomini ed i vostri alleati a farsi i nemici o a creare amici . Voi dovete aspettare l’evolversi degli eventi e vedrete che le situazioni si chiariranno da sole . L’alleato di oggi può essere il peggiore nemico di domani e viceversa . Noi abbiamo combattuto ed aiutato i briganti , senza che si siano mai permessi di toccarci con un dito e se guardate bene in piazza , molti dei notabili che si sono arricchiti con la refurtiva in cambio di protezioni , come i De Feo ed i Raimo , oggi sembra che abbiano vinto chissà che cosa , quando poi ospitavano nelle loro cantine o nei loro pozzi prosciugati fino a pochi mesi fa i più feroci assassini e i loro protettori , per non farli arrestare.

I veri briganti sono stati e sono ancora loro , traboccanti di ipocrisia e di sete di danaro e di proprietà. Con la nuova Italia diventeranno sempre più potenti con i referenti che si creano ad Avellino o a Napoli, ma non potranno mai arrivare a scalfire la nostra supremazia perché Michele Capozzi è amico nostro e se ,come penso ,diventerà il padrone politico della Provincia per gli anni a venire , voi avrete la supremazia sugli altri che dovranno venire da voi a chiedere di intercedere con le Istituzioni. Mio nonno e mio padre hanno messo in un angolo i Pennetti che comandavano da secoli sapendo fiutare il vento del cambiamento nelle tante trasformazioni sociali anticipando le conseguenze degli eventi . Volturara non si comanda dall’interno , ma con una rete di amicizie esterne che condizionano le scelte locali ed impediscono la crescita di chi vuole fare il passo più lungo della gamba. Oggi il brigantaggio è finito ed il popolo festeggia il pericolo scampato , ma voi già dovete capire che chi festeggia qualcosa ha già perso il futuro. Si osserva e si resta in attesa , cercando di capire i prossimi mutamenti . Un avvenimento storico scaccia un altro . Il 1820 fece dimenticare il 1799 . Il 1848 mise l’oblio sul 1820 e il 1860 fece scomparire la repressione del 1848 . A Volturara nessuno si ricorda più di Don Domenico e Don Carmine Benevento e dei loro ideali liberali , e le nuove generazioni non conoscono nemmeno più il nome dell’ultimo Re borbonico . Oggi l’eroe è Garibaldi ed il Re è Vittorio Emanuele, che non ha fatto niente altro che raccogliere i sacrifici del padre Carlo Alberto, che nessuno del popolo conosce . Per qualche anno ancora si parlerà dei tanti giovani uccisi , carcerati e emarginati , poi solo i bambini sapranno dai racconti dei nonni di briganti che rubavano ai ricchi per dare ai poveri , fino a quando un altro grande avvenimento che potrà essere una guerra europea o un grande terremoto , come ce ne sono stati tanti , cancelleranno il ricordo di questo periodo e tutti parleranno di nuovi  avvenimenti e delle loro conseguenze . La Storia non la raccontano gli uomini né i vinti , ma i Governi che la impostano secondo i loro interessi ed i loro obbiettivi facendo passare spesso per grandi i mediocri e viceversa . Finché ci sarà il mondo , nascerà sempre qualche megalomane che usando filosofi e storici imporrà idee e guerre in nome di valori assoluti che servono solo a coprire interessi milionari di gruppi economici e di potere , in un gioco crudele in cui non si saprà mai se è il Napoleone di turno a comandare e a decidere , o sono i gruppi di potere nascosti che inventeranno il despota per aumentare il loro peso economico o sociale . Non mancherà poi qualche monarca pazzoide che per soddisfare i propri istinti getterà la sua Nazione in conflitti mostruosi usando migliaia di soldati come birilli da far cadere per soddisfare il gioco della noia o della pazzia .>>

Capendo che sta parlando troppo per il suo carattere , invita i figli a rientrare e tornando in casa chiude il balcone su una piazza che va lentamente spopolandosi .

Un viaggio senza ritorno



Sono ventidue giorni che la nave percorre l’oceano e la vita scorre lenta tra storie raccontate e progetti da realizzare . In America i dollari si trovano per terra e ognuno ha la segreta speranza di far ballare un giorno nel palmo della mano monete d’argento , mai viste finora , per comprare vestiti e cibo . E’ quasi l’alba . Nello stanzone l’aria è pregna di un odore pesante . Dormono dappertutto , vestiti , sulle brande di ferro , per terra .

Angela non riesce a dormire , né a respirare . Guarda la schiena della donna che dorme sopra di lei . E’ una sconosciuta vestita di nero , come le centinaia e centinaia di persone che incontra ogni giorno in giro per il bastimento .

Si alza e sale sul ponte . Stringe le braccia conserte nella coperta appoggiata sulle spalle per difendersi dal freddo pungente .

Non dimentica lo sputo che ha lanciato dal mare contro il suo paese e contro tutti il primo giorno di navigazione e da allora non si è mai più voltata indietro con lo sguardo . E’ un capitolo chiuso , un mondo da dimenticare . Non sa cosa l’attende , né vuole saperlo . L’importante è far calare sul passato un velo di oblio pesante come un macigno .

E ripensa alla prigione dove era stata rinchiusa come manutengola dei briganti per sei lunghi mesi , al trasferimento al tribunale di Avellino per il processo e alla sua liberazione casuale da parte di alcuni banditi che avevano assaltato la carrozza e le guardie nazionali di scorta per rapina e per il gusto di metterli in fuga .

Avevano deciso di lasciarla libera senza violentarla e ucciderla per pura fortuna , grazie all’intervento di uno di loro che l’aveva riconosciuta come amica dei briganti e ricercata dai carabinieri da anni.

Era ritornata al paese e si era nascosta ancora in casa della zia Filomena . Altri mesi di prigionia volontaria fino a quando la zia non le aveva trovato i soldi per il viaggio nell’altro mondo , unico posto dove nessuno l’avrebbe mai potuta trovare .

Era partita di notte a piedi attraverso le montagne fino ad arrivare dopo giorni al porto di Napoli , dormendo nei pagliai e sotto gli alberi. Aveva comprato il biglietto come tanti e all’ufficiale della dogana aveva dato con decisione il suo nuovo nome inventato al momento dalla disperazione e dal rancore

<< Mi chiamo Angela Sperduta >> . Non le avevano chiesto altro e si era imbarcata senza ulteriori difficoltà tra centinaia di persone e montagne di masserizie .

La coperta della nave sembra la piazza del paese con radi gruppi di persone che parlano passeggiando . Si siede su una panca e guarda l’orizzonte . L’enorme palla rossa che nasce dalle onde in lontananza sembra indicare la strada per la nuova vita . E’ il 23 Agosto 1873 . E’ sabato .Chiude gli occhi e si assopisce.

Maledetto Garibaldi e la sua Italia ! .

Il canto del gallo la risveglia . Si avvia alla stalla e sfiora le mammelle della mucca con dolcezza e determinazione . I fiotti di latte che cadono ritmicamente nel secchio sembrano note musicali e lei incomincia a cantare . Una voce cristallina e dolce . Il giorno si apre e la luce dell’alba penetra dappertutto portando la vita . Esce sull’aia e con il pugno pieno di granturco chiama le galline . Poi a ventaglio lo apre e tutte corrono schiamazzando . Sembrano sorridere insieme con lei .

Osserva le mucche che pascolano , poi corre all’albero di mele rosse lì vicino a fermare una fame inarrestabile . Ritorna sull’aia dove quadrati perfetti di grano , granturco e fagioli messi ad essiccare , sembrano disegnare un quadro dai mille colori . Smuove il grano lanciandolo in aria con le mani liberando una miriade di particelle sottili che nel sole brillano come diamanti nel verde ammiccante della valle …

Si sveglia di soprassalto , mentre un acre odore di nebbia si insinua nelle sue narici . Le sembra la nebbia di Volturara che avvolge le mattine d’autunno . E si accorge che ama maledettamente ancora quel paese che le ha dato tante mortificazioni . E le salgono in gola le parole che Don Alfonso Maria Pennetti , l’Arciprete , ripeteva quando era vicino al fuoco dopo un buon bicchiere di vino

<< Se le montagne poste in circolo attorno a te , sono l’anello di congiunzione che Iddio ha voluto tra il cielo e la Terra , di quell’anello tu sei il castone , o Volturara!>>.

La nebbia dell’oceano invade la nave come una gigantesca onda di tenebre e se la ingoia con i suoi pensieri .

giovedì 1 agosto 2019

EDMONDO MARRA ED I DEBITI DEL 2009 SUL COMUNE DI VOLTURARA IRPINA

A QUEI CITTADINI CHE SENZA DOLO , MALAFEDE O INVIDIA RIESCONO A RIFLETTERE E A FARE CONSIDERAZIONI PER UN SENSO DI COLLETTIVA' E POSITIVISMO DI CRESCITA.


OGGI , SONO PASSATI GIUSTO DIECI ANNI DAL 31 LUGLIO 2009 , QUANDO MI DIMISI DAL COMUNE DI VOLTURARA IRPINA . GLI AVVENIMENTI NON RISPONDONO PIU' AL GIUDIZIO DELLA GENTE , MA DIVENTANO PARTE DELLA STORIA E POSSONO ESSERE CONSEGNATI ALLE GENERAZIONI FUTURE COME ESEMPIO NEGATIVO O POSITIVO . UN QUARTO D'ORA PRIMA DELLE DIMISSIONI VENDEMMO L'OSPIZIO PER 1 MILIONE E MEZZO E SULLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI IN QUEL MOMENTO C'ERA UN MILIONE E QUATTROCENTOSETTANTAMILA EURO , RESIDUI DI MUTUI SCADUTI CHE POTEVANO ESSERE USATI COME LIQUIDITA' . IN TOTALE EDMONDO MARRA HA LASCIATO IL COMUNE DI VOLTURARA IRPINA IN ATTIVO DI 3.000.000 DI EURO ( TRE MILIONI DI EURO E PIU' ) . POCHI COMUNI POTEVANO VANTARE UNA SOMMA SIMILE DA SPENDERE . MANTENENDO  LE TASSE COMUNALI AL MINIMO E SENZA IRPEF COMUNALE CHE COSTA CENTINAIA DI EURO AI CITTADINI . QUESTO DATO A FUTURA MEMORIA , PER RICORDARE A ME STESSO , CHE EDMONDO MARRA IN VITA SUA NON  HA MAI LASCIATO DEBITI DI NESSUNA NATURA E CHE LA SUA ONESTA' E' STATA ED E' ANCORA UN ESEMPIO PER TANTE FAMIGLIE .
E CHE LA LEGALITA' RIMANE UNA DELLE SUE PREROGATIVE E BATTAGLIE IDEALI .