la
guerra alla radio si sentiva forte . L’Italia , dicevano , che avanzava ,
mentre Orlando , che si trovava in Armenia diceva che le truppe americane
avanzavano sul fronte orientale.
Nel
mese di maggio del 43 fu tutto annullato , tutti dovevano partire , e così
ancora una volta , assieme all’amico Petretta , che si trovava nella stessa
condizione , fummo chiamati per raggiungere Firenze .
A
Firenze fu formata una Compagnia di soldati per raggiungere la Corsica francese
. Arrivati a Bastia ci portarono a Vervione , per controllare qualche sbarco
nemico . Come combattere senza armi pesanti e poche munizioni per i fucili ?
I
tedeschi sbarcavano con carri armati pesanti con cannoni di grosso calibro ,
diretti alla Sardegna , perché si parlava di uno sbarco proprio lì. Ma quando
l’8 settembre , le truppe italiane si arresero, tutti i carri armati dovevano
rientrare in Italia . In quei giorni ordini e contro ordini, finché venne l’ordine
di attaccare i tedeschi.
Su
Bastia c’erano parecchie truppe italiane e la Marina con pezzi pesanti sparava contro i
tedeschi . Ma un generale tedesco si presentò al comando della Marina e chiese
di lasciarli liberi per tornare in Italia, ma dopo due o tre giorni che i carri
armati vennero dalla Sardegna , incrociarono un violento fuoco di cannoni sul
comando della Marina italiana . Distrussero tutto e presero il comando del
porto di Bastia . A noi della Compagnia ci fecero attaccare una sussistenza
all’interno della Corsica. Avevamo due mitragliatrici francesi che sparavano e
5-6 caricatori di fucile per ciascuno .Io con altri 8 uomini avevo un
camioncino anticarro belga e ci misero lungo una strada per attaccare i carri
armati . Povera Italia voleva fare la guerra con le baionette .
I tedeschi dopo aver saputo che noi eravamo schierati sulla strada , aprirono un bombardamento di mortai che incendiò la montagna e dovettero tutti scappare , mentre io che mi trovavo con la squadra sulla strada con altri soldati rimanemmo sul posto . Nessuno si era accorto che il colonnello era stato ferito e che la truppa visto il fuoco se n’era scappata dietro . Ad un certo punto la situazione si era calmata e spari non se ne sentivano più . Ad un tratto il comandante della Compagnia che conosceva il tedesco si arrese e venne verso di noi dicendo :<< non sparate , i tedeschi se ne vanno e ci lasciano in pace >>. Ma quando giunsero su di noi , ci presero le armi e ci portarono alla sussistenza . Là trovammo il colonnello ferito con circa 700 uomini, tutti prigionieri . Veramente fummo fortunati che ci dettero tanta roba da mangiare e bere
e
in pochi giorni caricammo la roba e ci portarono via verso Casamozza, in attesa
di andare via .La zona era malarica e mi venne una forte febbre. Mi aggregarono
ad una compagnia di camicie nere che collaboravano con i tedeschi e là rimasi
per qualche settimana , mentre navi ed aviazione trasportavano il materiale e i
soldati tedeschi verso l’Italia . Un migliaio di soldati , tra i quali c’ero
anche io , furono portati a Bastia per caricare i mezzi sulle navi .
Un
giorno eravamo appena tornati per mangiare , quando suona l’allarme. Erano gli
americani , che informati che su Bastia c’erano parecchie navi piene di carri
armati e materiale bellico , attaccarono di sorpresa il porto e affondarono
molte navi ed un sacco di carri armati finirono bruciati .
Il
giorno dopo che ci portarono al porto
trovammo un macello . Sulle navi le bombe scoppiavano ancora e i poveri soldati
bruciati sui carri armati e sui camion .Non si poteva resistere dalla puzza ,
ma bisognava raccogliere i morti , che caricati sui camion , venivano portati
al cimitero della città , dove scavate delle fossa , venivano buttati uno sopra
l’altro .
Finito
di trasportare le loro truppe , ci presero anche noi italiani e ci portarono
sull’isola d’Elba , e dopo qualche settimana a Piombino .
Piombino
era la nostra speranza , invece cominciò la prigionia .
A
Piombino ci misero su di un treno bestiario ( o merci ) per Firenze, Udine ,
Tarvisio , Villache , Graz , campo 18
A , nell’interno dell’Austria . C’erano centinaia di
baracche , piene di soldati russi, francesi , inglesi , mancavano noi italiani
. Purtroppo non c’era da fare. Man mano che giungevano i soldati nel campo ci
mandavano a lavorare nei campi e nella fabbriche .
Nel
campo rimasi un paio di mesi con un pò di febbre , e mentre i compagni che
uscivano per lavorare presso i contadini , mangiavano e bevevano , nelle
baracche non c’era da fare . Un giorno decisi anche io di uscire , così venne
un contadino e prese 5-6 di noi . Appena giunti in una casa di campagna ci
offrì latte e caffè. Dopo ci portò nella campagna e mentre un trattore con
l’aratro scavava le patate , noi le raccoglievamo e le caricavamo su di un
camion che le portava alla masseria . Veramente questi buoni contadini ci
davano da mangiare 4 volte in una giornata , ma per il troppo lavoro sulle
ginocchia , la notte non potetti dormire e non potei più andare a lavorare .
Il
tempo passava e quasi tutti i soldati erano spariti per il lavoro, venne anche
il mio turno e mi mandarono in un paese chiamato Mitterdorf , ma non potevo lavorare , la debolezza
aumentava , il cibo era poco , fui costretto a pregare l’interprete di chiedere
al Comando dei tedeschi se mi mandavano dal dottore. Infatti appena giunto dal
dottore , mi fece la base e mi mandò al campo di nuovo . Con un poco di vitto
speciale mi ripresi e dopo un mese dovetti rientrare al lavoro , ma non
passarono 15 giorni quando un filo spinato mi graffiò il dito . Mi si gonfiò
subito e immediatamente ripartii per il campo . Lì un dottore italiano mi
incise il dito e ne uscì una bacinella di sangue e pus . Restarono meravigliati
anche loro . Passò un altro mese , era la fine di Gennaio 1943 , nel campo
erano rimasti una decina di sottoufficiali che non valevano collaborare e c’ero
anche io . Un giorno mentre si discuteva, venne un uomo che parlava italiano .
Chiamò i sottufficiali e disse << Vedete che io sono di Bolzano e conosco
una fabbrica di mattoni . Io vi porto sul posto , voi lavorate come lavorano i
civili e mangiate come mangiano i civili a tavola >> . Veramente
accettammo. Ci prese e ci portò in mezzo a delle montagne ove una grande
fabbrica di mattoni lavorava a tutta forza . Ci domandarono cosa sapevamo fare.
C’era un brigadiere di Finanza che sapeva fare il muratore ed io accettai da manovale
; e così si lavorava e si mangiava benino . La febbre non la sentivo più . Al
riguardo del lavoro si stava caldo , ma ogni tanto che i forni si rompevano ,
bisognava rifarli, ed allora era il brutto . Otto di noi solo in mutandine e
scarpe di legno , dovevamo scoprire questi forni che bruciavano a 200 gradi ,
la polvere delle sabbie e il calore dei forni , sembrava l’inferno . Si
soffocava . Ogni dieci minuti quattro salivano e quattro scendevano . E così i
mesi passavano senza notizie , amore, finché un giorno venne ordine che gli
italiani prigionieri dovevano lavorare , ma essere lasciati liberi . Così la
guardia che ci accompagnava fu levata e in baracca eravamo liberi , anzi ci fu
dato un vestito per poter uscire e le carte annonarie per la spesa. Ma il
pensiero della famiglia dopo un anno di prigionia era forte . Non si poteva
avere nessuna notizia , finché per mezzo della Croce Rossa ci portarono qualche
lettera a noi che eravamo del Sud d’Italia , mentre quelli del Nord ricevevano
anche dei pacchi . Era un casino , si combatteva il Nord contro Sud , fratelli
con Badoglio , fratelli con Graziani , non si capiva nulla . Nella nostra zona
furono tutti richiamati i tedeschi , piccoli e grandi , ma i forti
bombardamenti americani e inglesi sulle grandi città non dava loro pace .
Le
migliori fabbriche vennero distrutte , i ponti sulle ferrovie che congiungevano
l’Italia a Vienna furono bombardati , la benzina mancava, l’unica speranza che
avevano era costruire la V2 , ma le troppe spie e i forti bombardamenti
distrussero la fabbrica , e così dopo pochi mesi incominciarono gli sbarchi
delle truppe alleate sul fronte della Manica e Olanda . Per noi prigionieri che
ci trovavamo sulla ferrovia Vienna – Tarvisio organizzarono un treno merci , ci
dettero un pacchetto di viveri, ci fecero la morale dicendo di perdonare il
male fatto e ci mandarono verso l’Italia . Giunto verso Graz incontrai un mio
paesano , Michele Cristofano , ed insieme arrivammo a Tarvisio . Ci dettero un po’
di pane e qualche cosa da mangiare . La ferrovia era rotta , gli americani ed i
marocchini sulla strada rotta avanzavano , la polvere era troppa , noi due,
assieme a tanti altri , camminammo per centinaia di chilometri , finché
raggiungemmo Udine . Non ce la facevamo più .Stanchi , dovetti buttare via un po’
di biancheria che avevo . A Udine gli americani con gli italiani avevano
preparato un campo ove davano da mangiare , bere e dormire per poi con il treno
raggiungere le nostre case . A Udine rimanemmo parecchi giorni , la popolazione
, sentito che rientravano i prigionieri dalla Germania accorreva per domandare
dei loro figli , ed in un convento avevano raccolto vino , pane e scatolette e
ad ogni soldato che ci andava, davano un panino , metà scatoletta di carne e un
gavettino di vino . Michele , che era più giovane di me mi disse che poco
lontano c’era questo convento che dava qualcosa da mangiare . Lasciato Michele
mi avvicinai al luogo , mi dettero un panino ed un po’ di carne con un tazzino
di vino . Quando dopo aver mangiato , ho bevuto quel poco di vino , sentivo il
sangue che dai piedi saliva alla fronte , erano 20 mesi che non avevo visto un po’
di vino . Dopo pochi giorni giunsero molti altri soldati, ci misero su di un
treno e ci portarono a Mestre . Qui ci fu lo smistamento, quelli del Nord e
quelli del Sud . Le ferrovie erano ancora rotte , ci portarono verso
l’Adriatico e uscimmo a Terni , poi a Roma .
A
Roma c’era un controllo medico in ospedale , ma noi , pur ammalati, per
raggiungere le famiglie , non volemmo fermarci , così raggiungemmo Napoli e poi
Baiano . Da Baiano ad Avellino c’era l’autobus , ma quello svergognato di
fattorino non volle farci salire . Voleva il biglietto . Noi due soldi non ne
avevamo , io avevo marchi tedeschi , ma non volle accettarli . Gli dicemmo che
gli avremmo mandato un vaglia con i soldi, ma la sua risposta fu un secco no .
Ci piazzammo davanti all’autobus e gli dissi:<< tu non parti , e chiami i
Carabinieri >> . Mentre discutevamo una buona signora cacciò i soldi per
noi e facemmo il biglietto.Raggiungemmo Avellino e senza mezzi , a piedi ,
arrivammo ad Atripalda e mentre piano piano salivamo giunse un camion di Salza
che portava sopra l’avvocato Pedicino che mi conosceva , e c’era anche il
defunto mio suocero con altri giovani di Salza . Questo bravo uomo ci
accompagnò fino alla masseria di mio padre ed incontrai mia moglie con la
bambina piccola Pasqualina che allora aveva tre anni . Appena seppero che ero
tornato , molti genitori corsero per domandarmi dei loro figli , ma io non
avevo visto nessuno . Però man man rientravano da molti fronti . Rientrato
stanco , il Dopolavoro era stato bombardato . Il Presidente approfittando delle
bombe e della mi assenza si era ritirato tutti gli attrezzi che c’erano .
Il
fascismo non c’era più . Non si poteva aprire più come dopolavoro, ma solo come
Cral , ma a me non piaceva stare in mezzo ad uomini ubriachi e cercai allora di
aprire un negozio di generi alimentari .
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